La Naspi è l’indennità mensile di disoccupazione erogata ai lavoratori, con rapporto di lavoro subordinato, che hanno perso l’occupazione.
La Naspi può essere erogata dall’istituto previdenziale (INPS) mensilmente ovvero in via anticipata.
La Naspi liquidata in un’unica soluzione e anticipata viene riconosciuta dal legislatore per finanziare una nuova attività imprenditoriale così da incentivare lo sviluppo del mercato del lavoro e deflazionare il fenomeno della disoccupazione.
Proprio in merito a quest’ultima fattispecie (Naspi anticipata), si pone la questione di cosa accade se cessa l’attività di impresa e si provvede al reimpiego del richiedente prima della scadenza del periodo di corresponsione dell’indennità. La Naspi deve restituirsi integralmente o in proporzione al tempo in cui questa sarebbe venuta meno?
Sul punto si è espressa la Corte Costituzionale, la quale ha delineato due percorsi interpretativi alternativi.
Il primo, con la sentenza n. 194 del 2021, la Corte si è pronunciata in favore dell’insorgenza dell’obbligo di restituzione integrale dell’anticipazione della NASPI nel caso in cui il lavoratore, pur continuando ad esercitare l’attività per la quale è stato corrisposto l’incentivo all’autoimprenditorialità, ai sensi del comma 4 dell’art. 8 del d.lgs. n. 22 del 2015, abbia costituito, seppur per un periodo limitato, un rapporto di lavoro subordinato, percependo la relativa retribuzione.
L’obbligo integrale di restituzione dell’incentivo ha la specifica finalità di contrastare l’abuso da parte di chi chiede il beneficio, senza poi intraprendere concretamente un’attività autonoma.
Se la cessazione dell’attività autonoma avviene per un fatto non imputabile al neo-imprenditore/percettore in via anticipata? La restituzione dell’indennità deve avvenire, sempre, integralmente?
Su questo punto (il secondo percorso interpretativo) è intervenuta nuovamente la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 90/2024, non limitando l’obbligo restitutorio dell’anticipazione della Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego (Naspi). Anzi, precisa proprio una valutazione in funzione dei casi concreti prospettati.
La vicenda nasce su input del Tribunale ordinario di Torino (ordinanza 6 dicembre 2022), che ha sollevato domanda di legittimità costituzionale, in rifermento agli artt. 3, 4, primo c., 36 e 41, Cost., dell’art. 8, c. 4, D.lgs. 4 marzo 2015, n. 22 (Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della L. 10 dicembre 2014, n. 183).
Il caso proposto al Tribunale di Torino, riguarda un lavoratore destinatario della liquidazione in un’unica soluzione e in via anticipata a della Naspi, concessa per l’apertura di una attività di ristorazione. Purtroppo, il lavoro autonomo, nato sotto tutti i migliori auspici, ha subito un tracollo fino alla conseguente chiusura dell’attività stabilita dalla decretazione d’urgenza a causa della pandemia da COVID-19. Per tale motivo il lavoratore/percettore decide di non proseguire l’attività di impresa facendosi assumere con un nuovo rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Da qui la richiesta da parte dell’Inps dell’integrale restituzione dell’indennità a suo tempo liquidata.
Richiesta contestata dalla Corte stessa, nella di lei declaratoria di illegittimità costituzionale, secondo le osservazioni di seguito riportate.
Infatti, su tale vicenda la Corte Costituzionale, in primo luogo, precisa che la valutazione del caso in esame diverge dalle precedenti interpretazioni per alcuni fattori:
- Il soggetto percettore dell’indennità anticipata si troverebbe davanti alla scelta di rinunciare allo svolgimento di attività retribuita al fine di evitare di restituire l’importo ricevuto, privandosi del reddito necessario per la sua sussistenza.
- La libertà imprenditoriale non deve e non può essere negata ai soggetti in tale situazione.
- In tutti questi casi la previsione della integrale restituzione viola il principio di proporzionalità e ragionevolezza, in quanto l’attività imprenditoriale non è proseguita per “impossibilità sopravvenuta o insuperabile oggettiva difficoltà”, come nel caso delle restrizioni per il Covid.
La Corte ha osservato che, nel caso in cui l’attività imprenditoriale sia stata effettivamente iniziata e proseguita per un apprezzabile periodo di tempo, grazie all’utilizzo dell’incentivo all’autoimprenditorialità, non vi è una finalità elusiva. Il percettore dell’anticipazione si è quindi trovato nella situazione di non poter proseguire l’attività imprenditoriale per causa a lui non imputabile e quindi senza alcuna colpa.
In sintesi, di fronte a tale evidenza, non è possibile una restituzione totale di quanto corrisposto, ma deve essere riproporzionato l’obbligo restitutorio in misura corrispondente alla durata del rapporto di lavoro subordinato instaurato nel periodo coperto dall’indennità Naspi. Alla base di tale affermazione viene richiamato il concetto che, solo con riferimento al periodo nel quale è instaurato un nuovo rapporto di lavoro subordinato, la Naspi risulta priva di causa e quindi indebita. Del resto, tale interpretazione appare in linea con la previsione per i soggetti che percepiscono la Naspi con cadenza mensile.
Quindi, la restituzione della Naspi anticipata non è integrale.
Una precisazione è doverosa, secondo l’ultima pronuncia (sent. n. 90/24) la proporzionalità della restituzione è valutabile solo quando la causa di cessazione della prestazione autonoma non è ricollegabile al mero rischio d’impresa che grava sul lavoratore il quale preferisca l’anticipazione dell’intera Naspi spettante all’erogazione periodica.
L’aspetto censurato nella sentenza n. 90/2024 è diverso rispetto al precedente del 2021 e riguarda solo l’ipotesi particolare in cui il percettore dell’anticipazione dell’indennità, dopo aver intrapreso e svolto per un significativo periodo di tempo l’attività imprenditoriale, non possa proseguirla per cause sopravvenute e imprevedibili, a lui non imputabili e costituisca un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo della Naspi.
La ratio interpretativa ha il suo pregio, è validissima e apprezzabile. Vi è da dire, purtroppo, che tale chiarimento giurisprudenziale non trova un riscontro di prassi da parte dell’Inps che recepisca l’intervento della Corte Costituzionale e che vada a offrire indicazioni in merito alla modalità oggettive di definizione della non imputabilità delle cause e di conseguenza le fattispecie per la restituzione proporzionale, al momento, non risulta pratica amministrativa.
Catania/Pordenone, 09 ottobre 2024
Avv. Dalila Alati