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Correlazione tra il Next Generation EU e il MES. La variante del Mes Pandemic Crisis Support.

L’interesse mediatico sul MES attualmente è molto acceso.
Ma la domanda che si pone frequentemente è: qual è la correlazione esatta e opportuna tra il meccanismo del NGEU e il MES? Presentano caratteristiche comuni o sono due istituti totalmente opposti e paralleli?
L’acronimo MES sta per Meccanismo Europeo di Stabilità. Si precisa sin da subito che esso si situa al di fuori del quadro giuridico della UE, essendo stato istituito nel 2012 attraverso un apposito trattato intergovernativo tra i paesi parte dell’area euro. Ha una sua dotazione finanziaria di ottanta miliardi di euro (fornita dai paesi aderenti in misura proporzionale al loro peso economico) e può raccogliere ulteriori risorse attraverso l’emissione di titoli garantiti dagli stati aderenti. 
Questi fondi possono essere utilizzati per assolvere alla sua funzione fondamentale, qual è quella di assistenza finanziaria per i paesi membri che si trovino in difficoltà economica, pur avendo un debito pubblico sostenibile.
Il ricorso a questo strumento, voluto durante la crisi 2008-2012, è condizionato all’accettazione di un piano di riforme volte a riportare equilibrio nei conti pubblici, le cui misure possono risultare impopolari perché austere e rigorose. 
Impopolarità che può riguardare anche gli investitori preoccupati per la tenuta dei conti del paese stesso e dar luogo ad aumento dei tassi di interesse (e/o del cosiddetto spread) sui titoli emessi dal paese beneficiario, con un risultato finale potenzialmente antieconomico. 
La governance del Mes consta di tre organismi principali: al vertice c’è il Boards of governors, dove siedono i ministri dell’Economia e delle Finanze dei 19 Stati membri, ossia i membri dell’Eurogruppo, con a capo il loro presidente, subito sotto c’è il Boards of directors, con i direttori generali del Tesoro dei singoli paesi; e infine il Management board, con a capo il direttore generale. 
In base al trattato del Mes le decisioni sono prese all’unanimità e, in casi di urgenza, a maggioranza qualificata dell’85% dei voti. Con in mano oltre il 17% delle quote, l’Italia – come Francia e Germania – ha dunque in ogni caso il diritto di veto.
Fatte queste premesse, dalla quale emergono fattivamente delle differenze con il NGEU, tuttavia, il MES può essere considerato uno strumento a latere del Dispositivo di ripresa.
Infatti, entrambi hanno dei punti in comune:
a) le finalità (il supporto a paesi in difficoltà temporanee),
b) le modalità di finanziamento (attraverso l’emissione di titoli – da parte del MES in un caso, da parte della Commissione europea dall’altro),
c) il funzionamento (erogazione di finanziamenti ai paesi in difficoltà a tassi vantaggiosi).
Il 15 maggio 2020, dunque, dopo un lungo negoziato, i Ministri delle Finanze dei Paesi zona euro hanno formalizzato un accordo su una nuova linea di credito del MES, la Pandemic crisis support.
Si tratta di una linea di credito costruita a sua volta su una linea di credito esistente, la Enhanced Conditions Credit Line (ECCL), destinata a fornire assistenza agli Stati membri UE per affrontare l’emergenza sanitaria da Covid-19.
È proprio la condizionalità̀, tipica del ricorso al MES, in questo caso relativa al finanziamento interno dell’assistenza sanitaria diretta e indiretta, che ha alimentato un acceso dibattito politico avverso tale strumento, non solo in Italia, ma in generale nell’ambito dei cosiddetti paesi membri del Sud.
Quanto alle caratteristiche della Pandemic crisis support, l’accesso alla linea di credito sarà̀ disponibile fino alla fine del 2022 (termine eventualmente adeguato all’evoluzione della situazione di crisi), per tutti gli Stati della zona euro, come da valutazioni preliminari della Commissione europea, con condizioni standardizzate, che riflettono le sfide attuali.
Anzitutto, l’importo concesso sarà̀ computato per una cifra non superiore al 2% del Pil 2019 dei rispettivi Stati membri.
L’unico requisito per accedere alla linea di credito consiste nell’impegno da parte degli Stati che richiedono assistenza ad utilizzarla per sostenere il finanziamento interno delle spese sanitarie dirette ed indirette, oltre i costi relativi alla cura e alla prevenzione del Covid-19.
La durata dell’intervento è di un anno, prorogabile due volte per sei mesi, mentre i prestiti avranno una durata media massima di 10 anni.
La richiesta di accesso alla linea di credito presuppone una richiesta dello Stato al Presidente del Consiglio dei governatori del MES, organo che dovrà̀ approvare all’unanimità̀ il sostegno.
La Commissione europea avrà poi il compito di vigilare sul corretto utilizzo dei soldi del Pandemic crisis support in spese sanitarie legate all’emergenza coronavirus. 
L’obiezione più importante formulata da coloro che sono contrari al ricorso al Mes parte dalla domanda: C’è la certezza, o no, che il vincolo sanitario sia di fatto l’unica condizione da rispettare per accedere a questi nuovi aiuti del Mes?
Secondo gli anti-Mes, i prestiti per l’emergenza coronavirus sono una sorta di trappola, con pesanti condizioni – come l’introduzione di riforme strutturali – che si potranno presentare dopo aver ricevuto i soldi.
Orbene, uno degli strumenti con cui il Mes può aiutare gli Stati in difficoltà sono i prestiti dati in cambio dell’accettazione di specifiche condizioni, come riforme in ambito macroeconomico.
In generale, il fattore condizionalità legato agli aiuti del Mes è presente sia nei trattati europei che nel trattato dell’istituzione finanziaria.
Quindi la conferma che l’unica condizione per accedere al Pandemic crisis support sia quella di spendere i soldi per coprire costi sanitari è data dalle disposizioni legislative, dalle interpretazioni dell’Eurogruppo e dal Mes stesso.
Quando nei vari atti, anche legislativi, si rinvengono locuzioni come «rigorosa condizionalità» e «condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto», se ne deve dare una interpretazione sistematica, perché significa ammettere una gradualità, in cui può ricadere l’unica condizione imposta dal Pandemic crisis support, ossia di usare i soldi solo per spese sanitarie legate all’emergenza COVID-19. 
C’è poi un’altra questione che spesso viene citata dagli oppositori del Mes. che riguarda la sorveglianza rafforzata. Invero, la rigidità del meccanismo di sorveglianza poco aderisce all’esigenza di flessibilità voluta politicamente per fronteggiare la crisi. Perciò, la Commissione europea ha specificato che queste disposizioni non saranno attivate per quanto riguarda il Pandemic crisis support. 
L’introduzione di ulteriori e pesanti condizioni resta dunque molto improbabile. Come hanno sottolineato alcuni esperti, rimangono comunque dei margini di incertezza dovuti al fatto che con l’introduzione del Pandemic crisis support siamo di fronte a interventi di soft-law, privi di un’efficacia diretta e vincolante e pertanto, non considerabili atti giuridici ma politici.
Ma ci sono anche vantaggi riconducibili alla richiesta di aiuto al Mes.
L’elemento più attraente del Pandemic crisis support riguarda i benefici di tipo economico. Riepilogando: il Mes farebbe risparmiare moltissimi soldi e quindi non ha senso non prendere in considerazione il suo potenziale supporto. E’ uno strumento considerato dai mercati molto affidabile, quindi il Paese richiedente acquista credibilità agli occhi degli investitori.
Questo ha un risvolto concreto sulla capacità del Mes di raccogliere soldi sui mercati a tassi di interesse molto vantaggiosi, addirittura negativi negli ultimi mesi. E questa vantaggiosità si ripercuote, a sua volta, nei confronti dei paesi che chiedono aiuto al Mes.