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APCSM e DM 29.03.2024: LA QUESTIONE DELLA RAPPRESENTATIVITA’

Il dibattito sulla questione della rappresentatività sindacale è, da sempre, un argomento di un certo interesse. A maggior ragione la questione si fa più accesa se trasmodata nel mondo militare.

Con riferimento a quest’ultimo contesto, la riflessione diventa particolarmente rilevante, alla luce del c.d. contemperamento di circostanze che vedono da un lato il diritto militare speciale per definizione, dall’altro l’indifferibilità ad apportare tutta una serie di correttivi legislativi per consentire la predisposizione delle opportune tutele per coloro che sono chiamati a difendere e, si passi il termine, a rappresentare la Nazione.

Cosa sono le APCSM? Le Associazioni Professionali a Carattere Sindacale tra Militari (APCSM) sono state istituite con la legge 28 aprile 2022, n. 46 che ha riconosciuto, nell’ambito militare, l’adozione di un ordinamento interno in grado di garantire il rispetto dei principi costituzionali di democrazia, trasparenza e neutralità delle Forze Armate.

Cos’è la rappresentatività? E ‘il requisito che un sindacato deve possedere per ritenerlo idoneo a compiere atti in nome e per conto della categoria di riferimento.

Il principio di rappresentatività sindacale trova origine nella Costituzione, il cui art. 39 attribuisce ai sindacati, previa registrazione, il potere di stipulare contratti collettivi nazionali di categoria, vincolanti per tutti i lavoratori appartenenti alla categoria produttiva oggetto di contrattazione. L’attività di accertamento della rappresentatività sindacale consta di più fasi che vanno dalla raccolta dei dati associativi ed elettorali riferiti ai singoli periodi di osservazione.

Fatte queste premesse generali, si osservi, ora, come la questione della rappresentatività per le APCSM è connotata da un certo fervore. In particolare dopo l’entrata in vigore del DM 29.03.2024, attraverso cui il legislatore ha imposto alcuni limiti e criteri di computo al fine di riconoscere il requisito della rappresentatività alle neonate APCSM. 

In merito alla rappresentatività, la questione relativa alle APCSM, anche in relazione alla loro speciale appartenenza al mondo militare (che gode di una certa autonomia regolamentare con il Codice dell’Ordinamento Militare), deve fare i conti con le nuove disposizioni del DM 29.03.2024 con il quale il Dipartimento per la Funzione Pubblica, di concerto con il Ministro della Difesa e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha proceduto all’ “individuazione delle associazioni professionali a carattere sindacale tra militari rappresentative del personale delle Forze Armate per il triennio 2022-2024” e ha decretato la “Cessazione delle funzioni della rappresentanza militare e dei relativi organi ai sensi dell’articolo 19 della legge 28 aprile 2022, n. 46 e dell’articolo 2257, commi 1 e 3, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66”.

Ciò cosa vuol dire? Vuol dire che per essere rappresentativi nel sistema istituzionale, anche le APCSM devono godere dei requisiti della rappresentatività, stabilendo il legislatore modalità e termini per il computo degli iscritti a tali fini. E sin qui sembrerebbe nulla quaestio

Sennonché, da uno studio condotto dallo studio legale Alati di concerto con il Dipartimento legale del Sindacato Unico dei Militari, APCSM sorta nel 2022, sono emerse alcune circostanze che hanno indotto a ritenere la portata della norma connotata da una certa irragionevolezza.

In linea generale il legislatore ha stabilito che, a livello nazionale, sono considerati rappresentativi le APCSM che raggiungono le seguenti percentuali:

  1.  Il 4% della forza effettiva complessiva delle FF.AA. di riferimento;
  2. Il 3% se costituite da militari appartenenti a più FF.AA.

Pertanto, dallo studio condotto è emerso come l’ attuale formulazione legislativa è in netta antitesi con lo stesso comma 4 dell’art. 39 della Costituzione (sopra citato) laddove nelle percentuali da raggiungere ai fini della rappresentatività tiene conto della forza effettiva complessiva della Forza armata o della Forza di polizia a ordinamento militare di riferimento in luogo della forza effettiva sindacalizzata della Forza armata o della Forza di polizia a ordinamento militare di riferimento. 

Sotto il profilo sostanziale la differenza (tra forza effettiva e forza sindacalizzata), come si può facilmente dedurre, è di  portata gigantesca solo che si consideri il caso dei militari effettivi alla Forza Armata Esercito. Invero, la consistenza organica dichiarata dalla stessa Forza Armata (al 31 dicembre 2023) è di 96.251 militari, e il 4 per cento della forza effettiva complessiva è dato da 3850 militari. Tuttavia, il dato non tiene conto del totale degli iscritti alle APCSM nella Forza Armata Esercito, che alla data in cui si scrive non è certamente di 96.251 militari, ma si attesterebbe intorno ai 15.000 militari. Pertanto, per la sola F.A. Esercito ci sarebbe un gap di circa 80.000 militari che non hanno ancora aderito ad alcuna APCSM, e un calcolo ai fini della rappresentatività (alterato dal gap individuato) che tiene conto della forza effettiva in luogo della forza sindacalizzata lede il diritto di quegli iscritti alle APCSM, come il S.U.M., che hanno raggiunto ampiamente il 4 per cento degli iscritti della forza effettiva sindacalizzata, che su un numerico di 15.000 militari è data da 600 iscritti. 

Seguendo il Decreto Ministeriale vengono escluse dalle procedure di contrattazione quelle APCSM che, benché nate da poco, hanno svolto un’attività capillare su tutto il territorio nazionale e hanno acquisito in un brevissimo arco temporale la fiducia, in termini di deleghe, di ragguardevoli percentuali di iscritti tra i militari che hanno deciso di aderire ad una APCSM. 

E da qui l’irragionevolezza paventata. Perché, come detto prima, il concetto della rappresentatività deve considerarsi come quell’attribuzione di diritti e prerogative ulteriori rispetto a quelli spettanti a tutte le organizzazioni sindacali, a condizione che la selezione avvenga sulla base di elementi che rispondono a criteri di ragionevolezza, tale criterio viene meno laddove la selezione avviene non sulla base di coloro che hanno espresso il proprio consenso con la sottoscrizione di una delega ad una delle APCSM iscritte all’albo, ma sulla base di una quantità di lavoratori che non hanno espresso alcun consenso, non sottoscrivendo alcuna delega, il cui numero è abnormemente superiore a quelli che hanno espresso il su richiamato consenso.

Questa temuta irragionevolezza porta a presumere una illegittimità costituzionale tra la nuova formulazione legislativa dell’art. 1478 del Codice dell’Ordinamento Militare (novellato con il DM 29.03.2024) e lo stesso art. 39 della Costituzione laddove nelle percentuali da raggiungere ai fini della rappresentatività tiene conto della forza effettiva complessiva e non della forza effettiva sindacalizzata. Tale questione è oggetto di un giudizio pendente dinanzi al TAR Lazio, sede di Roma, con il quale si sta perorando la questione del vaglio Costituzionale, anche dinanzi alla Corte Costituzionale Italiana. Ad oggi, si attende un riscontro, previsto per il mese di luglio, all’esito del quale si predisporranno gli opportuni aggiornamenti.

Si vorrebbe, anche, un po’ peccare di presunzione e fornire qualche suggerimento al legislatore per apportare i correttivi al Decreto suggerendo di seguire una soluzione, già nota in sede di contrattazioni Aran. Segnalazione proposta dinanzi al Giudice Amministrativo del Lazio, unitamente alla questione di legittimità costituzionale, dallo studio legale Alati e dal Dipartimento legale del Sum, con le seguenti argomentazioni. 

Per garantire che ai lavoratori di un medesimo comparto si applichino condizioni economiche derivanti dall’incontro della volontà da questi espresse per il tramite dei loro delegati alle procedure di contrattazione, è assolutamente necessario incentivare il pluralismo associativo, che deve a sua volta tener conto non del totale dei lavoratori di un determinato comparto, ma della media tra il dato associativo e il dato elettorale. Esempio di questa prassi, ormai consolidata per gli altri comparti della Pubblica Amministrazione a seguito dell’emanazione del Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, è l’art. 43 di detto Decreto, che fissando regole assolutamente ragionevoli afferma che [cit.:] “L’ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell’area una rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe rilasciate nell’ambito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell’ambito considerato” […]. Il principio cardine assunto a fondamento, quindi, per rilevare la rappresentatività negli altri comparti del Pubblico impiego, come si è appena evidenziato, non è dato dunque dalla totalità dei lavoratori di un determinato comparto, come invece accade con l’attuale formulazione dell’art. 1478 del Decreto legislativo n. 66/2010, ma da quella media che tiene giustamente in considerazione il personale che, attraverso la sottoscrizione della delega e il versamento dei contributi sindacali, decide di farsi rappresentare. Viceversa, il tenere nel computo ai fini della rappresentatività anche il personale che decide di non versare alcun contributo sindacale e quindi rinuncia a farsi rappresentare e ad eleggere i propri rappresentanti, comporta una discriminazione in pregiudizio di quei lavoratori che delegano i rispettivi dirigenti sindacali attraverso la relativa sottoscrizione di atto di delega”.

Onde per cui, superata la questione della presunzione del suggerimento proposto, se si parla di rafforzamento delle tutele e delle prerogative per i militari, è più che giusto pensare ad un sistema normativo che regoli le vicende, tenendo conto delle specialità, ma evitando diseguaglianze e discriminazioni tra i vari comparti istituzionali.

L’auspicio è quello di ritenere la tematica oggi rappresentata come uno strumento collaborativo e di supporto alla creazione e al mantenimento di quei principi fondamentali su cui si basa la vita di un’Associazione sindacale e non, sicuramente, come il solito ostacolo propagandistico. Tanto è vero che in punta di diritto non si è solo polemizzato, ma si è anche proposto e suggerito.

Stay tuned.

Avv. Dalila Alati 

Dott. Felice Randaccio

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